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PITTORE

 

                                         Otto D’Angelo pittore del Friuli

 

Otto D’angelo è nato a Silvella, agreste frazione del Comune di San Vito di Fagagna. Le sue origini traggono copiosa linfa dal ceppo contadino friulano, depositario per lunghi secoli della nostra cultura popolare e della lingua friulana.

 

Otto D’Angelo ha incominciato a dipingere sulle pareti bianche e lisce  del granaio di casa, con colori in polvere utilizzati per imbiancare le stalle. Erano tratti che nella loro ingenuità dimostravano la precoce vocazione alla pittura del bambino.

Con i colleghi di Silvella, Mario e Valentino Tonutti ed altri appassionati della tavolozza diede vita ad Udine ad uno studio di pittura e nel contempo  frequentava lo studio del prof. Fred Pittino per affinare la sua tecnica.

 

Con questa preparazione e con altri studi, non senza sacrifici, Otto conseguì il diploma di artista decoratore. Era un titolo che gli apriva le porte a varie commissioni.

L’arte di Otto che dipingeva generalmente solo ad acquarello e disegnava al tratto, si ispirava a canoni impressionisti per lo stile e a soggetti tratti dal mondo in cui viveva per l’argomento.

Lasciata la seconda guerra mondiale alle spalle in Friuli riprende l’emigrazione, ed anche Otto D’Angelo  se ne va dalla sua Silvella. Approda a Lione in Francia, ma già dopo un mese si sposta a Parigi per svolgere l’attività di apprendista-disegnatore a fumetti in una Casa Editrice parigina, la S.A.G.E. dove rimane fino al 1959.

 

Mentre lavora in qualità di fumettista, Otto D’Angelo continua a studiare pittura e si iscrive all’Accademia Grande Chaumière di Parigi. Il richiamo del Friuli si fa più forte e diventa addirittura irresistibile per il nostro emigrante. Otto decide. Ritornerà nel suo Friuli col tempo senza rimpianti per i suoi anno francesi. Aprirà una nuova attività nella terra dei suoi padri: uno studio pubblicitario a Udine, rendendolo operativo dal 1959 al 1969.

 

Appare a questo punto in Otto D’Angelo una duplice scelta culturale, possiamo dire, sentimentale.

Da una parte sente un’arte, legata al filone impressionistico, moderna ed alla ricerca di soluzioni sempre nuove, dall’altra sente la fedeltà verso un realismo rievocatore della terra dei padri.

La civiltà contadina, le tanto celebrate radici, vivono nelle foto ingiallite, nei ricordi di famiglia, nelle ruote dei carri, negli episodi che la gente adulta e matura racconta.

Ma non solo il lavoro, anche l’allegria di un carnevale, la festa di una sagra, le nozze dei grandi e i giochi dei piccoli, il bagno estivo nel fiume dall’acqua viva appartengono all’età contadina.

 

Otto D’Angelo con i suoi quadri vuole soprasedere a una pittura, troppo personalmente sciolta, per capire, descrivere, raccontare, documentare il Friuli dell’infanzia e della giovinezza, quella dei genitori e dei nonni. Le dimensioni dei quadri si ingigantiscono e il Friuli vi si specchia. Rinascono dal passato borghi e piazze con porte, torri, chiese e aie coloniche.

Un mondo che il secolo scorso ha cancellato e il terremoto disperso. Le sue immagini proseguono a documentarci i momenti della mietitura e della vendemmia, del pascolo e del bucato presso i lavatoi e tanti altri episodi ricorrenti nell’esistenza della campagna vengono fatti risorgere e palpitare con un impasto di colori tenui e smaglianti a seconda dell’occasione, sempre ben fusi, graduati, diremmo respirati.

 

L’anima friulana di Otto D’Angelo trova con queste sue opere tutto il suo spazio di creativa felicità, e tutt’ora incessantemente giorno dopo giorno dalle sue magiche mani continua a  donarci opere che testimoniano un’epoca storica passata, ma mai dimenticata.

Molte delle sue opere sono documentate in suoi due volumi pubblicati dalle Edizioni Ribis di Udine:

Immagini di una civiltà” e “Il volto di una civiltà.”

 

                                                                                   

 

 

 

 

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